Nella V stazione contempliamo Gesù di Nazareth e Simone di Cirene
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Dell'artrosi nessuno ha mai cantato. Eppure quanta parte della vita spartisco con il dolore acuto, la rigidezza del collo, il progressivo deformarsi delle cerniere vertebrali, il nervo schiacciato del braccio destro, con la mano che perde il senso della presa e rovescia la tazzina del caffè, spande lo zucchero sul banco. Mentre l'iperglicemia veleggia a centottanta, e corrode giorno dopo giorno i capillari, ossidando i tessuti. Ruggine sei, ruggine diventi, e nel frattempo il fungo allogato nello pieghe dello scroto mi copre la pelle di prurito e di piccole macchie rosse, laddove mi sono grattato con furore. Canto il fiore di fuoco che mi porto appresso, pronto a sbocciare. Cartesio mai parlò del sublime senso dell'essere, il vivo sentimento d'infinito che provoca il passaggio della "res fecalis" nel canale del retto, quando il fiore di fuoco è già sbocciato. Parlo delle emorroidi delle quali Pindaro mai osò cantare. Eh, oui, Monsieur Descartes, je scie donc je suis. La mia ghiandola pineale* è situata piuttosto in basso. Cireneo incosciente, costretto a portare la Croce, mi consolo: suvvia coraggio, il foruncolo esiste, ma esiste o no questo Dio? Cioè: esiste il foruncolo, la vena varicosa, l'artrosi, dunque Dio è dimostrato assente, ignavo, o peggio, indifferente. Oppure questo Dio è un Dio minore, varicelloso, emorroidico, artrotico, lebbroso. Gesù Cristo? Un Dio che si fa peccato. Quando la Croce m'appoggio sulle spalle mi colpisce luce di mille soli. Accecato. Cavi di Lavagna, 30 marzo 1987
*Per Cartesio la ghiandola pineale, al centro del cervello, è sede dell'anima: «l'âme a son siège principal dans la petite glande qui est au milieu du cerveau, d'où elle rayonne en tout le reste du corps» (R. Descartes, Les passions de l'âme, art. 34) 
Carlo Striano
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