OTTAVA EGLOGA
Poeta
Salve a te: vedo che ce la fai a tenere il passso su questo orribile sentiero di montagna;
bel vecchio, sei portato da ali o braccato dal nemico?
Ali ti sostengono, la collera ti spinge, e i tuoi occhi lanciano lampi.
Salve a te, vegliardo, ora lo vedo, tu sei uno
degli antichi profeti in grande collera, ma quale, dimmi?
Profeta
Quale? Sono Nahum, figlio della città di Elcos
Faccio risuonare la parola contro Ninive di Assur, la città delle prostituzioni,
è la parola di Dio a risuonare, io fui il sacco colmo della collera!
Poeta
Conosco il tuo antico furore, quel che hai scritto è rimasto.
Profeta
I miei scritti sono rimasti. Ma il peccato prolifica ancora di più
e quale sia il disegno del Signore, non c'è nessuno ancor oggi che lo sappia,
perché il Signore ha detto che si sarebbero prosciugati i corsi d'acqua
vacillerebbero il Carmelo e il Basan, avvizzirebbe la verzura del Libano
tremerebbero i monti, il fuoco divorerebbe ogni cosa.
E tutto questo è avvenuto.
Poeta
Nazioni effimere si ammazzano l'un l'altra
e come Ninive, così si denuda l'anima umana.
A che le maledizioni, e le cavallette voraci,
e la loro feroce verde nuvolaglia? Dunque l'uomo è il più spregevole fra gli animali!
Qui come altrove sbattono i neonati contro i muri,
il campanile è torcia, la casa forno, e gli abitanti
cuociono all'interno, le fabbriche svaniscono nel fumo.
La gente è in fiamme, la strada si getta in avanti e in un boato collassa,
e il gran letto delle bombe è in fusione, e le spesse capriate esplodono;
come nei pascoli le fatte rinsecchite
così i morti sulle piazze delle città, giacciono sparsi: lì ancora
è avvenuto così come tu avevi scritto.Che cosa dimmi
fuori del turbine antico, ti ha riportato malgrado tutto sulla terra?
Profeta
Il furore. Di vedere l'uomo
di nuovo e come allora orfano in mezzo all'armata dei pagani in forma d'uomini.
- e vorrei vedere di nuovo la caduta delle città colpevoli
e parlarne da testimone ai secoli futuri.
Poeta
Tu hai già parlato. E il Signore l'ha detto da tempo con la tua bocca.
Guai alle città piene di rapine, dove si erigono bastioni di cadaveri!
Ma dimmi, è possibile che dopo millenni
viva così dentro di te la collera? In questo celeste e perenne fiammeggiare?
Profeta
Un tempo anche la mia bocca impura, con un carbone
come quella del saggio Isaia, il Signore l'ha toccata; col carbone proteso
ha fatto parlare il mio cuore; era vivo, incandescente
un angelo lo teneva con le pinze e ho detto: "Guarda, eccomi tocca a me!
Chiama me, che proclami la Tua Parola."
E colui che un giorno il Signore ha inviato, per lui non c'è più secolo
né riposo, il carbone, il carbone dell'angelo, brucia le sue labbra,
e cosa, dimmi, sono per il Signore mille anni? Un grano della polvere del tempo.
Poeta
Come sei giovane, padre mio! Ti invidio. Come commisurare
la mia piccola vita alla tua età tremenda? E come il ciottolo che rotola via
nel torrente dal corso impetuoso, così logora me il tempo fugace.
Profeta
È quel che credi. Perché conosco i tuoi ultimi versi, e la rabbia che ti tiene in vita.
Poeti e profeti, i nostri furori sono così prossimi, nutrono il popolo
e lo dissetano! Può viverne, colui che aspira a vivere!
Finché arrivi il regno che ha promesso quel giovane discepolo,
il rabbino attraverso cui fu compiuta la legge, e le nostre parole.
Vieni a proclamare con me che già quell'ora s'approssima,
che sta nascendo, il regno. "E qual'è il disegno del Signore?" domandai.
Ecco, è questo regno. Partiamo, andiamo, vieni, riuniamo tutto il popolo,
fa' venire tua moglie e taglia fin d'ora bastoni per il viaggio.
Il bastone è un buon compagno, ma guarda dammi quello!
Che sia il mio, perché lo voglio nodoso!
Lager Heideman sulle montagne di Žagubica, 23 agosto 1944
Miklós Radnóti
Trad. Pierluigi Varvesi
Nel riproporre questa poesia in italiano, il traduttore ha tenuto presente la
versione francese di Jean-Luc Moreau in Marche forcée, ed. Phébus, 2000.