MARCIA FORZATA
È pazzo, chi è crollato si rialza e di nuovo si incammina, e con dolore errante muove ginocchia e caviglie, eppure si avvia sulla strada come se avesse le ali, il fosso lo chiama invano, non ha il coraggio di restare, e se chiedi perché no? forse ancora ti risponde, che è atteso da una donna, da una morte più saggia, una morte bella. Eppure è pazzo, il mansueto, perché laggiù sopra le case da tempo non gira più che vento bruciacchiato, il muro è steso sulla schiena e il pruno è spezzato e la paura è il manto delle notti in patria. Oh, se potessi credere: non solo portare nel cuore tutto ciò che ancora vale, e c'è una casa dove tornare? se ci fosse! E come una volta sulla fresca veranda ronzerebbe l'ape della pace, mentre si fredda la marmellata di prugne, e il silenzio di fine estate prenderebbe il sole nei giardini sonnolenti, e tra le fronde dondolerebbero frutti nudi, e Fanni mi attenderebbe bionda davanti alla fitta siepe e lentamente il lento mattino disegnerebbe l'ombra - forse è possibile ancora? la luna oggi è così tonda! Non passarmi oltre, amico, sgridami! e mi rialzo! Bor 15 settembre 1944 Miklós Radnóti Trad. Edith Bruck Da Mi capirebbero le scimmie, Donzelli 2009
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