L'ANGELO SPIETATO
Oggi l'angelo spietato è invisibile, è quieto dentro di me, non inveisce. Ma ecco un rumore lieve, stai all'erta, sembra il balzo di un grillo, guardi intorno e non sai chi era. È lui. Solo che oggi è di nuovo prudente. Si sta preparando. Se mi ami, difendimi. Amami eroicamente. Se sei con me, si acquatta, ma appena mi lasci diventa coraggioso. Emerge dal fondo dell'anima e gridando mi accusa. È la pazzia. Mi rode dentro, come un veleno, solo di rado dorme. Vive dentro di me, ma anche fuori di me. Notti di luna, quando è tutto bianco, con il suo andare frusciante corre attraverso i campi e fruga nella tomba di mia madre. Ne è valsa la pena? - le domanda sempre e la tormenta. Le sussurra, la provoca continuamente: l'hai partorito e sei morta! A volte mi osserva e stacca in anticipo i foglietti dei giorni dal calendario. Per il quando e il dove, ormai dipende solo da lui, per sempre. Come sasso che cade nell'acqua, così la sua parola, mi cadde l'altra notte nel cuore, facendo dei cerchi, sventolando e piroettando. Mi accingevo a dormire, tu stavi già dormendo. Stavo là nudo quando arrivò nella notte e in silenzio cominciò a discutere con me. Nell'aria aleggiava uno strano odore, l'alito freddo mi sfiorò l'orecchio. "Continua a spogliarti - mi incitò cosi che neppure la pelle ti protegga, tanto altro non sei che carne cruda e nervi nudi. Scuoiati, tanto è pazzo chi della propria pelle, come di prigione si vanta. Tanto, addosso a te, è solo apparenza, prendi dunque il coltello, non fa male, è solo un attimo, solo un fievole gemito. "   E si svegliò sul tavolo e scintillò un coltello. 4 agosto 1943 Miklós Radnóti trad. Pierluigi Varvesi sulla base della traduzione di Cikos Ibolja (pubblicata dal portale ungherese Babelmatrix)  
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