DIARIO DI GUERRA
1. Lunedì sera   La paura ecco molte volte tocca il cuore E a volte per te il mondo è solo una lontana notizia; conservano la tua infanzia i vecchi alberi come un ricordo, sempre più antico.   Tra mattine sospette e sere funeste, tra guerre hai vissuto metà della tua vita, e anche adesso ti scintilla addosso l'ordine sulla punta delle baionette che ti spianano contro.   Nei tuoi sogni ancora compare il paesaggio, la patria delle tue poesie, dove la libertà furtiva attraversa i prati, e la mattina, se ti svegli, porta con te il suo profumo.   A una nuova guerra si volge il mondo, una nuvola affamata divora il tenero azzurro del cielo, e come si fa buia così, per te tremando, ti abbraccia e piange la tua giovane moglie.     2. Martedì sera   Quietamente dormo, ormai, e dietro il mio lavoro lentamente mi sposto; il gas, la macchina, la bomba si preparano contro di me, e non riesco ad aver paura, e a piangere neanche, quindi vivo indurito come, tra le fredde montagne, i costruttori di strade che, se la loro leggera abitazione invecchiata gli crolla addosso, ne costruiscono un'altra e intanto sulle schegge odorose profondamente dormono e ogni mattina immergono il viso in un ruscello lucido e gelido.                      *   Vivo alto e scruto: tutt'intorno si annuvolano i cieli. Come sulla poppa di una nave nell'uragano, alla luce dei lampi, grida il gabbiere se crede di scorgere la riva, così io pure credo di scorgere rive pure e a n i m a! grido anch'io a voce bianca.   E alla mia voce si accende e la mia voce porta con sé, lontano, la fresca stella, e il fresco vento della sera.     3. Stanco pomeriggio   Dalla finestra entra una vespa in agonìa, la mia donna parla nel sonno, sull'orlo delle nuvole abbrunate un tenero vento soffia bianche crespe.   Di che cosa posso parlare? Verrà l'inverno, verrà la guerra; spezzato giacerò e non mi vedrà nessuno; nella mia bocca nei miei occhi entrerà una terra verminosa e il mio corpo sarà trafitto dalle radici.                           *   Pomeriggio cullante, dammi quiete, mi sdraio anch'io, lavorerò, più tardi. Si appende sui cespugli, il tuo splendido sole, e la sera discende sulle colline.   Hanno ucciso una nuvola, gocciola sul cielo il suo sangue, e giù, sui cespi delle foglie roventi, seggono chicchi gialli odor di vino.     4. Si fa sera   Sul cielo sdrucciolevole il sole cala, presto lungo la strada arriverà la sera. L'acuminata luna ne spiava l'annuncio: piccole nebbie cadono.   E si sveglia la siepe, si impiglia allo stanco viandante e si gira la sera tra i rami degli alberi, brusisce incessante mentre si fabbricano queste righe chinandosi le une sulle altre.   Nella mia stanza muta terrorizzato scatta uno scoiattolo e corre qui, su due esametri giambici. Dal muro alla finestra - un attimo marrone - e sparisce, senza lasciare traccia.   Con esso è sparita la fuggevole pace; taciturni insetti strisciano ora su prati lontani e lentamente divorano i morti che giacciono in una fila infinita. [1935-36] Miklós Radnóti trad. Katia Paoletti
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