Cielo che schiuma, luna che oscilla,mi stupisco di essere vivo.La morte fruga intenta questo tempo,quelli che trova, tutti sbiancati.L'anno a volte si guarda intorno e grida,si guarda intorno e viene meno.Quale autunno si cela alle mie spalle e quale sordo dolore nell’inverno!Ha sanguinato il bosco ed ogni oraha sanguinato nel turbine del tempo.Grandi numeri nerastri scarabocchiati dal vento sulla neve.Ho vissuto ogni cosae avverto l’aria gravare su di me,il silenzio mi abbraccia, caldo sussurrante,come prima che venissi al mondo.Mi soffermo ai piedi dell’alberoche scuote con ira il suo fogliame.Protende un ramo. Per stringermi alla gola?Non mi sento debole o codardo,soltanto stanco. Faccio silenzio e il ramo tace, fruga tra i miei capelli spaventato.Si dovrebbe dimenticarema io non dimentico mai nulla.Schiumante d’ira si copre in cielo la luna,spande una bava di veleno verde cupo.Mi arrotolo una sigarettacon cura, lentamente. Sono vivo.8 giugno 1940Miklós Radnótitrad. Pierluigi Varvesi e Cikos Ibolja