NEL GIARDINO NASCOSTO Cantico dell’amata
I Nel giardino nascosto quante e quante volte t’eri appostato dietro l’alto muro chissà quant’altre volte t’eri insinuato a scrutare tra le inferriate e dietro i vetri della stanza segreta dove aspetto amore e il suo vessillo - rami di cedro le travi, fronde di cipresso rade e fiori in treccia il soffitto, tralci le pareti curvi dei grappoli della mia vigna - Chissà quante volte prima d’allora. Giorno di sole quel giorno e di vento leggero - finì quel giorno l’inverno e le sue nubi - giorno di primizie di fiori spuntati ai campi alle vigne - ero guardiana di vigne e la mia non l’ho custodita - giorno di primi fichi e canti nuovi l’usignolo la tortora fra i rami. Chissà quant’altre volte prima d’allora - ti guizzò il sole agli occhi, ti ricordi? e la brezza ai capelli e infine mi accorsi di te che dietro l’alto muro mi sbirciavi - quante e quant’altre volte eri venuto a cercarmi o mio diletto nel giardino nascosto presso la stanza segreta dove aspetto amore e il suo vessillo? II E subito quel giorno t’accostasti «Amica mia  - e non ti conoscevo - Talità kum! Alzati agnellina mia bella che a te stessa ti nascondi giglio tra i cardi colomba tra le fenditure della roccia - guardati e scopri il tuo viso fa udire ti prego la tua voce! Sì, la tua voce è armoniosa mi è dolce il tuo viso.» Levati brezza qui nel mio giardino spandi all’intorno ogni suo aroma e attira il mio diletto. Venga e ne gusti i frutti più squisiti. Ed ecco il re è nel suo giardino libera ogni fiore il suo profumo. «Giardino chiuso tu sei sorella mia giardino chiuso mia sposa tutta germogli e frutti prelibati balsami dal monte della mirra e aromi dal colle dell’incenso. Sulla tua fonte il mio sigillo nel tuo pozzo acqua viva. Ora lei dorme vi prego non svegliatela lasciatela al suo sonno finché voglia.» III Tutto per me - sognavo - tutto per me è il mio amato e io sono per lui. Ma nella notte nel pieno della notte t’ho cercato t’ho cercato a fianco a me nel letto - nel nostro grande letto di verzura - t’ho cercato mio amato e tu non c’eri. «Perché?» ho gridato tu non rispondevi ho proteso le mani tu non c’eri. Son corsa fuori dalla stanza segreta - là dove aspetto amore e il suo vessillo - via dal giardino nascosto da alte mura senza fiato ho percorso strade e piazze non ti trovavo a giro ho domandato «Avete visto l’amato del mio cuore?» Senza fiato ho percorso strade e piazze ed invocavo «Ritorna mio diletto prima che s’alzi il sole e la sua brezza prima che s’allunghino le ombre torna sopra i monti degli aromi!» Finché - ricordi, amore? - ti ho trovato ti ho stretto a me per non lasciarti più e mentre ti stringevo sussurravi «Prima che s’alzi il sole e la sua brezza prima che s’allunghino le ombre me ne andrò sul monte della mirra sì tornerò al colle dell’incenso perché sei tutta bella amica mia colomba immacolata, mia perfetta.» IV E sei venuto ancora al mio giardino e m’hai detto «Sorella mia sposa» hai raccolto la tua mirra e il tuo balsamo ti sei inebriato d’incenso hai mangiato il tuo miele hai bevuto il tuo latte e il tuo vino. «Ora lei dorme vi prego non svegliatela lasciatela al suo sonno finché voglia!» e poi te ne sei andato. E ancora e ancora ogni notte è così ma se dormo ora il cuore veglia e sobbalza al tuo passo «Il mio diletto!» «Aprimi amica mia vieni colomba!» Ti sento armeggiare al chiavistello e un fremito dentro mi smuove corro ad aprirti viene meno il cuore, già te ne sei andato. Esco ti cerco non ti trovo ti grido dietro Perché? tu non rispondi senza fiato percorro strade e piazze chiedo di te mi spogliano percuotono feriscono. «Se lo trovate vi scongiuro ditegli che sono ammalata d’amore!»   V Ed eccoti di nuovo mio diletto alla tua ombra anelata mi stendo come di melo in fiore in mezzo al bosco. «Un tuo frutto ti prego a rianimarmi - è dolce non sai quanto al mio palato - un frutto ché sto morendo d’amore.» «Come palma slanciata hai la figura i tuoi seni grappoli di palma. Sì, monterò fin sulla palma e coglierò i suoi datteri. Ora lei dorme. Lasciatela al suo sonno ve ne prego.» Sotto il melo sei tu che mi hai svegliata mi hai condotta con te via nel deserto per parlare al mio cuore. Giù mi hai condotta alla cella del vino su di me hai innalzato il tuo vessillo.   «Prendimi per sigillo sul tuo petto tienimi stretta come anello al dito perché quanto la morte è forte amore la sua fiamma è solo tua Signore - le grandi acque non l’estingueranno - è per te che brucia mio diletto.» Eppure so che ad ogni notte andrai che ti dovrò cercare senza fiato che dovrò gridare per trovarti e stringerti e sfamarmi del tuo pane. Man hu? Che cosa è mai? Pane per oggi pane del deserto dove andare appoggiata al mio diletto per poi perderti ancora e ancora e ancora cercare invocare ritrovarti fino a che io non muoia d’amore. Altipiani di Arcinazzo, 4 ottobre 1996  Pierluigi Varvesi
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