L’ATTESA DELLA SPOSA
Sono già tua eppure non ti ho ancora,
sono nell'alcova e non ci sei.
Meglio così, io non mi sento pronta.
Tua madre sai, è lei che mi ha lavata,
mi ha aiutato a indossare sulla pelle
questa leggera candida veste.
È la mamma che mi ha sciolto i capelli.
Ora che siamo finalmente sposi
ora che sono finalmente sola,
ora che so che tu stai per raggiungermi
e che mi prenderai, mi batte il cuore.
Mi dispongo sul talamo poi m’alzo
vado allo specchio e non è me che vedo,
è il tuo dolce viso che mi guarda,
è la tua voce, amore, che mi parla.
“Tranquilla, mia colomba, che è già l’ora.
Sono tuo sposo, da oggi mi appartieni.
Tu mi hai rapito il cuore, vengo presto.”
Ti sorrido e di nuovo mi stendo,
poi chiudo gli occhi per vederti ancora.
Mi scuoto. Fosse lunga l’attesa
non voglio che mi trovi addormentata.
Torno allo specchio, mi ravvio i capelli,
sento di che sanno le mie dita
e i polsi e il merletto della veste.
È notte fonda e il profumo svapora.
Sono accaldata corro a rinfrescarmi,
mi sciacquo il viso e sento di lontano
il tuo passo, sposo, che si approssima.
Un colpo di pettine, il profumo
e poi in punta di piedi
svelta a letto di nuovo ma quel passo
si allontana. No, non era il tuo.
Quanto tempo e ancora non sei qui.
Non ti ho mai desiderato tanto.
Scandriglia, 16 febbraio 2012
Pierluigi Varvesi