LE DUE NOTTI
Oratorio per il giovedì santo
Abramo esultò nella speranza
di vedere il mio giorno.
Lo vide e se ne rallegrò.
- PRIMA NOTTE -
Sul colle delle querce la prima luna le stelle
sotto l'albero estremo il vecchio in ginocchio
le mani tese ad accorare la voce:
Che altro vorrai darmi, mio Signore?
Da quando, già dieci anni, mi chiamasti
e lasciai la casa di mio padre
oro mi hai dato e argento e greggi e schiavi
ma che vuoi che m'importi quando ormai
la morte affretta il passo
il vigore si spegne
senza il figlio incautamente sperato
l'erede forse promesso solo a un sogno.
L'erede mio sarà della mia casa
non del mio sangue, ascolti?
Tace, tende l'orecchio
lento china il capo
si trascina in piedi pochi passi
fuori dell'ombra gettata dalla luna:
Guardare al cielo, Abram può guardare
ma la conta...
Si protende
le mani scarnite ai sopraccigli
conducono a giro gli occhi aguzzi.
Fare la conta di tutti e di ciascuno
di ogni lume che vedo, grande o piccolo
questo, Signore, Abram non lo può.
Si inginocchia
alto lo sguardo
arreso allo stupore:
Numerosa così, Signore Iddio
vuoi dare prole a un vecchio e farla erede
del paese che vedo da straniero?
Come conoscerà, dimmelo, il cuore
che questa terra un giorno sarà mia?
Si azzitta ancora
ascolta
lento china il capo
si tira su svelto si avvia
all'accampamento giù dal bosco.
ALBA
Scende la luna il vecchio sale il colle
ha la giovenca la capra l'ariete
la tortora la colomba il coltello
non ha fuoco né legna
per l'olocausto.
Si arrossa la lama nell'alba
smezza il bestiame.
Il sangue si spande nel querceto.
Mezzo e mezzo a fronte ogni animale
e quete, ben legate
la tortora la colomba.
Gli occhi del vecchio scrutano il cielo.
Gli occhi dei rapaci scrutano la terra
in lento giro
nari che fiutano morte.
La rugiada veste nel primo sole
di oro verde di argento
le piume della colomba.
Il falco:
Dice il Signore: Dall’Oriente
io chiamo l’uccello da preda.
La colomba:
Se la sua offerta al Signore
è olocausto di bestiame
offrirà un maschio senza difetto
se olocausto di uccelli
offrirà tortore o colombi.
MATTINO
Il vecchio:
Ahi dove il senno? Dov'è il discernimento?
Si sottrae agli occhi dei viventi
si nasconde agli uccelli del cielo.
L'aquila:
Forse per il tuo senno
s'impenna lo sparviero
l'aquila dall'alto spia la preda
dove giace la vittima si getta
e il suo sangue è latte pei suoi piccoli?
La tortora:
Dice il Signore: In abominio
terrete l’aquila il nibbio lo sparviero.
Il vecchio:
Ma dove sei
Dio che mi hai creato
che alla notte dai canti di allegria
che ci dai senno più che ad ogni uccello?
Lo sparviero:
Dice il Signore: Io ti ho abbandonato.
Su me ti sei avventato come un'aquila
e ora i rapaci ti assalgono.
La colomba:
No, non è questa
la valle della Moltitudine di Gog
né il fuoco atteso è quello di Magog
né il sacrificio è per voi.
MERIGGIO
Il vecchio:
Uccelli tutti, parlate bene di Dio
cantate le sue lodi in ogni tempo.
Il nibbio:
Il tuo cadavere in pasto agli uccelli
se non ti pieghi alla voce del tuo Dio.
La tortora:
Guarda Rizpà figlia di Aià
è sui corpi insepolti dei figli
li contende ai rapaci nel sole
confida nella clemenza del re.
Il vecchio:
La vedo sotto il telo di sacco
l'arsura d'estate, le piogge d'autunno
giorno e notte la vedo combatte
finché il re non dà pace ai suoi figli.
Il falco:
Il seme sulla strada
vengono gli uccelli e lo divorano.
La colomba:
Chi ascolta e non comprende
viene Satàn, l'accusatore
gli ruba il seme dal cuore
perché non creda e Io non lo risani.
CREPUSCOLO
Sul camminamento tra le bestie smezzate
duro del sangue rappreso
la ronda del vecchio.
I rapaci in giro stretto
sulle carogne sugli uccelli sull'uomo.
La tortora:
Non abbandonare alla bestia
la vita della tua tortora
l'hai umiliata, non te la scordare.
Calano silenziosi ad uno ad uno.
Grida ha il coltello si avventa
sugli artigli sguainati sui rostri
punte di freccia accese nel tramonto.
La colomba:
Abram!
Non temere
Io Sono
il tuo scudo.
Il vecchio:
Dico bene di lui
perché ascolta il mio grido
lui il mio vigore il mio scudo
di lui il mio cuore si fida.
Volano via l'aquila il nibbio
il falco lo sparviero.
Sul colle delle querce l'ultimo sole
sotto l'albero estremo il vecchio
gli occhi appesantiti
si abbandona.
SERA
Nel torpore intravede un altro colle
un uliveto quasi a un tiro di sasso
Uno faccia a terra che geme
e nel cielo un drago che grida:
L'hai detto, non l'hai ancora giurato.
Costoro il patto non l'osserveranno.
Guarda le loro dieci parole:
I
COLLO DI FERRO
II
FRONTE DI BRONZO
III
PIEDI ZOPPI
IV
ORECCHI TAPPATI
V
MANI INSANGUINATE
VI
VENTRE GONFIO
VII
OCCHI CIECHI
VIII
LINGUA BUGIARDA
IX
SESSO ADULTERO
X
CUORE DI PIETRA
e porteranno il tuo nome santo?
La tenebra e la sua angoscia sul sonno del vecchio
il lamento tra gli ulivi triste fino alla morte.
Ed ecco breve
il verso della tortora si ode
- un angelo dal cielo a confortarlo -
la brezza della sera annuncia i primi fiori
di primavera
alle querce agli ulivi porta il canto
d'amore l'usignolo:
Esci dalla tua terra
amica mia
mia bella vieni
colomba mia
nascosta fra le rocce
mostrami il tuo viso
la tua voce.
Sì, la tua voce è soave
il tuo viso armonioso.
Prima di andare l'angelo
gli porge la palma.
Il canto si allontana ed ogni lume.
- SECONDA NOTTE -
Un soffio turbinoso copre il cielo
porta alle querce il gemito
dell'agonia.
Sibila sul ramo d'ulivo
l'aspide dalla lingua aguzza.
La tortora:
Il seminatore è uscito a seminare
grano la semente
in parte cadde sulla terra
un chicco solo.
La colomba:
Se non muore
rimane solo.
L'aspide:
Chi mi darà ali di colomba?
Volare via trovare riposo
sì, fuggire, starmene lontano
dalla furia del vento, l'uragano.
La tortora:
Il mio giusto vivrà della sua fede
ma se si tira indietro
l'anima mia non si compiace in lui.
La colomba:
Il Signore Iddio mi ha aperto l'orecchio
e io non mi sono ribellato
non mi sono tirato indietro
le reni
ai flagellatori
le guance
agli scorticatori
la faccia
agli oltraggi agli sputi.
L'aspide:
Nella coppa degli empi vento in fiamme.
È giusto Iddio, ama la giustizia.
Ne berranno fino alla feccia
tutti gli empi della terra.
La colpa dei padri sui figli
fino alla terza, la quarta generazione.
La tortora:
Coppa di desolazione, di sterminio
calice della sua ira, di vertigine.
La colomba:
Coppa di salvezza
calice del nuovo patto
nel sangue di lui.
NOTTE FONDA
Un soffio scuote il vecchio
i suoi occhi guizzano al cielo
già l'uragano avanza da settentrione
grande nube e turbinio di fuoco
Dagli ulivi l'eco di un lamento:
Sono venuto a portare il fuoco sulla terra
e come vorrei fosse già acceso.
Irrompe nel buio la vampa
i cavalli le ruote il trono il carro
fuoco divoratore tra gli animali smezzati
e mentre passa
il fragore delle ali dei cherubini
voce di El Shaddai quando parla
Bestiame spaccato
per passarvi in mezzo:
tale chi rompe l'alleanza.
Il suo cadavere
in pasto agli uccelli.
In mezzo non passa il vecchio fermo in piedi
braccia inerti occhi sbarrati
su El Shaddai che stringe il patto:
Al tuo sangue lo giuro
ho dato questa terra.
Di nuovo notte serena. Sotto le querce
non più che terra e sangue in grumo
riflettono il lucore delle stelle.
Anche sotto gli ulivi
non più che terra e sangue.
Roma, marzo 1987
Pierluigi Varvesi