EUROPA EUROPA, NON FARTI RAPIRE DAL TORO Pubblico intervento in occasione delle elezioni europee del 1979
Un giornalista mi ha domandato a bruciapelo «come mai», «come mai», io ed intendeva uno scrittore, e per di più  religioso, cristiano e cattolico, e per di più pochissimo «in piazza», che vive a Chiavari come in un eremo e in una cittadella  interiore, abbia accettato di partecipare a questa campagna per l'Europa. Io credo che la domanda dovrebbe venir  rovesciata, ed essere posta come già me l'aveva posta la coscienza dove continuamente siamo chiamati a render conto di  quel che facciamo e di quel che non facciamo: ossia come avrei potuto io giustificare una assenza qualora mi fosse stata  chiesta come mi è stata chiesta in qualità di indipendente dal Partite Repubblicano Italiano -che qui ringrazio della stima e  del rispetto per tale qualità - una presenza in un confronto che non è solo di schieramenti politici e relativi conteggi  numerici, ma che deve dire anche e direi soprattutto in che cosa crede ancora !'Europa e se siamo moralmente pronti ad  affrontare i duri tempi che ci attendono, quello che già viene definito il nuovo medioevo e che paradossalmente coincide con  l'aprirsi di un'età di vertiginose conquiste spaziali e scientifiche, un'età neppur più a quattro ma forse ad otto dimensioni, la  quale chiama l'uomo ad essere uomo cosmico, uomo totale.  La risposta al «Come mai», quella più profonda, meno contingente, la può dire la poesia; la poesia dice le ragioni  ideali che sono sempre più in là delle ragioni ideologiche, che spero chiarire in successivi incontri con voi.  Per questo mi consentirete di ricordarvi due brevissime liriche apparse tra i Fiori rossi, ne I galli notturni, anno 1952,  ma scritte tra il '45 e il '50: EUROPA I ed EUROPA II.  In EUROPA I, davanti a quella religione della morte che è stato ed è ancora nella sua intima essenza il nazismo, rifacendomi  a quelle grandi parole di Eschilo «per tutti è la battaglia», la battaglia, per Eschilo, dei Greci contro i Persiani, della ragione  e del diritto e dei pochi contro il mastodonte verticale monolitico culminante nel re - che era anche i1 dio come in tutte le  monarchie solari -, dicevo:  Le spalle al muro, combattiamo questa battaglia  per i morti, i vivi, e coloro che nasceranno.  Combattiamo per tutti anche per i nemici.  Se destino è cadere, cadiamo da uomini  noi che dicemmo al mondo che cos'e l'uomo. In EUROPA II, rifacendomi al mito greco della fanciulla rapita dal toro mentre giocava e scherzava sulla spiaggia - nel mito  si può leggere tutto, e Io sapeva molto prima di Freud il Foscolo quando invitava i giovani a scoprire le severe significazioni  del mito - avvertivo il montare di una violenza che si faceva abita mentale, costume e che avrebbe minacciato di sormontare  le forze della ragione in questa nostra Europa che è stata l'Europa di Erasmo da Rotterdam:   Europa Europa, non farti rapire dal toro,    guardalo negli occhi, Europa,  non ti smarrire.  Nessuna bestia sopporta lo sguardo umano.  Tu hai occhi solari, Europa,  anche se hai pianto.  Sono convinta con Toynbee che nella Storia sia tutta questione di «Sfide» e di «risposte». È dall'interno che le  istituzioni, le civiltà, crollano. E' dall'interno di questa nostra civiltà industriale, di un materialismo differenziato e di segni  anche opposti ma convergente in certe sue punte distruttive, che doveva necessariamente venire la sfida - e dall'interno  dovrà venire la risposta - la sfida di un rivoltismo negatore in cui confluiscono un'infinità di cose, anche dolorosamente reali  insieme ai deliri della ragione, e persino un filone sotterraneo e mai interrotto della vecchia eresia càtara non nel suo  risvolto costruttivo - quello artigianale e comunale che alla lunga si ritrova in Mazzini - ma in quello anarchico di un  comunismo incontrollato, selvaggio dei beni e delle donne, fuori e contro ogni possibile strutturazione, fuori e contro lo  Stato, fuori e contro la Storia, in definitiva.  Ma il campo di cultura di questi virus, di questi lieviti di violenza - comunque contrabbandati sotto qualunque  maschera ed etichetta - è sempre il vuoto delle coscienze, è il sonno della ragione, è l'ozio mentale anche  se camuffato di ipercriticismo. Un profeta inascoltato delle sventure d'Europa e del mondo, Max Picard, nel suo libro Hitler  en nous, «Hitler in noi», indicava i rotocalchi come documenti della discontinuità mentale e della finale indifferenza a tutto  e a tutti cui perviene quest'uomo massificato, costretto ad ingoiare e a masticare ogni prodotto del mercato culturale, per  ritrovarsi cumulo di detriti, che non servono a costruire più nulla, neppure un pollaio. Il mondo soffre di questa  massificazione, e come spesso accade che non si sa far buon usa dei sentimenti e neppure del dolore, soffre male; cerca  rimedi peggiori del male. Ecco la larga messe mietuta dal rivoltismo nichilista o sotto forma di droga o sotto forma di azione  armata tra i nostri giovani, cioè tra i più deboli, tra i più esposti alla disperazione perche i pi+ affamati e assetati di  speranza.  Certo, il mondo ha voltato le spalle ai suoi profeti migliori: i profeti disarmati come Mazzini, che avrebbero voluto  salvare la persona umana dalla reificazione, da questa esser ridotti a case numeri oggetti, ma oggetti disperati. Educate da  una madre su cui tanta presa aveva avuto il giansenista abate Degola, Mazzini credeva come crede il Cristiano, che l'uomo,  questa canna che pensa, quest'essere infinitesimale nel cosmo, sia tuttavia infinito. È su questa infinità dell'uomo,  unicamente su questa, che poggia la sua irriducibilità a cosa a numero ad oggetto, e oggetto disperato. La sua dignità che  nessuna degradazione propria e nessuna appropriazione, aggressione, conculcazione altrui riescono ad annullare.  In un lucido studio su Marxismo e Mazzinianesimo, Giovanni Spadolini mette in luce le qualità diverse dei due uomini  e dei due sistemi. La massiccia personalità, quasi di ghisa, dell'uno, l'umanità problematica delicata a volte amletica e  sempre vibratile del secondo, uomo di carne; la durezza spietatamente logica e consequenziale di Marx e la tempesta del  dubbio di Mazzini; il principio della lotta di classe, e il senso vissuto sofferto e pagato di comprensione, di compenetrazione  degli altri, delle ragioni gli altri, quella solidarietà umana di Mazzini che merita veramente il nome di fraterna, perche  poggiante sul senso della paternità di Dio. Un ateismo radicale e una visione essenzialmente religiosa. Si, il mondo ha dato o  sembra aver dato meno ascolto a una voce che gli parlava di doveri che non alla voce che parlava di diritti. Ma ci sono le  strane svolte, gli strani appuntamenti della Storia, che è sempre la storia della nostra coscienza e dei suoi pentimenti e dei  suoi ripensamenti e dei suoi superamenti e delle sue maturazioni. di questa crescita cosi lenta, faticosa e bella dell'uomo in  noi. L’idea europea che oggi e come esplosa con sorpresa di tutti, anche di chi ha creduto ed operato per essa, ed invece ha  per tutto questo tempo lavorato come buon lievito nella farina che noi siamo, è l'idea di Mazzini. È la vittoria sconcertante  per chi non crede nello Spirito e nelle sue forze infinite , commovente e meravigliosa per chi nello Spirito crede, del profeta  disarmato.  Elena Bono Lavagna, 11 maggio 1979
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