DISSE: CAINO PARLÒ DUNQUE CON ABELE
Abele, fratello mio, ieri mi ha svegliato l'antica colpa, ho ucciso i tuoi nivei sogni e mi sono trascinato peccaminoso sulla strada notturna dell'inutilità tra file di alberi tristi e gelati verso il mattino. Le mie terre che sanno di sole piangevano vaporose dietro di me il mio corpo cacciato, le notturne ansimanti ferite illuminavano sul mio volto le rose rosse del pentimento e, come un mendicante, rompendo la maledizione, ti chiamavo per il grande incontro. Tu eri un santo e quando sei nato aleggiava la devozione; nel mio lontano giorno il cielo tuonava gravido, da assassino caddi a fatica, come prima foglia dell'albero amaro che gemeva imprecando. E sono diventato Caino, sul mio petto sporgente sorgeva il sole e la fatica delle mie ginocchia portava l'aurora quando mi inseguivi, scagliandomi dietro le tue parole di dolore, rovesciandomi davanti agli alberi tristi e gelati, guardie della mia fuga notturna. Sono inciampato, l'ostacolo mi ha lacerato la carne, sono caduto e ho ripreso la corsa, nero e biblico: sono Caino e ieri mi ha svegliato l'antica colpa, sono Caino e tu sei Abele! [1928] Miklós Radnóti Trad. Edith Bruck Da Mi capirebbero le scimmie, Donzelli 2009
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