Introduzione
Cenni biografici sono già presenti nella pagina dedicata al poeta. Perché allora parlare
più a lungo di lui?
Radnóti rappresenta un caso unico, come uomo e come poeta. Nessun ebreo, prima o
dopo di lui, ha avuto cuore, forza d'animo, spirito di resistenza contro il male assoluto,
tanto da scrivere versi, e che versi, prigioniero in un lager, spossato dai lavori forzati,
sottoposto a mille angherie e poi a marciare per centinaia di chilometri con nelle orecchie la
sferza degli aguzzini, pronti ad ammazzare ridendo il primo che desse segni di debolezza.
Un altro motivo che spinge a scrivere oggi di lui è che ci è possibile utilizzare, come in
Italia, almeno su Internet, pare non sia stato ancora fatto, le notizie e i documenti resi noti
nel 2009 a Budapest, in occasione della mostra celebrativa dei cento anni dalla nascita del
poeta, organizzata dall'Accademia Ungherese delle Scienze. A cura dell'Accademia è anche il
sito bilingue (ungherese e inglese) che riproduce l'intera mostra sul web.
1909 - 1925: I primi anni
Miklós Radnóti nacque a Budapest il 5 maggio del 1909 in una famiglia di ebrei
assimilati. La madre, Ilona Grosz, morì nel parto, e così pure il fratello gemello.
Dopo due anni il padre, Jakab Glatter, si risposò con Ilona Molnár e dal nuovo
matrimonio nacque una figlia, Agnes. Ai due bambini venne taciuta la dolorosa storia della
famiglia, fino a quando - Miklós aveva aveva dodici anni e Agnes nove - morì anche il padre.
Soltanto allora fu detto loro che Miklós era figlio di una prima moglie, morta nel partorirlo.
Della morte del fratello gemello gli fu detto solo tre anni dopo.
Rivisse tutta la vita questo trauma, reso ancor più cocente dalla conoscenza tardiva che
ne ebbe, e proprio negli anni dell'adolescenza. La convinzione che la sua nascita fosse
avvenuta a spese della vita della madre e del fratello, così come il tema della morte furono
temi ricorrenti nei suoi versi.
Rimasta vedova nel 1920, la seconda madre si trovò in ristrettezze economiche, per cui
finì con l'affidarlo a dei parenti e lasciò Budapest con la figlia. Con entrambe il poeta
avrebbe conservato affettuosi rapporti e di tanto in tanto si sarebbero tornati ad incontrare.
La sorellastra Agnes scrisse e pubblicò anche lei poesie; finì la sua vita con la madre ad
Auschwitz nel '44, lo stesso anno della morte di Radnóti.
Dall'età di tredici anni Miklós fu cresciuto da Dezső Grosz, uno zio benestante che ne
divenne il tutore; con l’idea di portarlo a lavorare con lui, lo iscrisse a un istituto tecnico
commerciale. Godeva di molta libertà e praticava con successo lo sport, soprattutto il calcio
e l'atletica, in cui vinse più di una coppa. Frequentava la scuola svogliatamente e non
andava bene soprattutto in matematica. Nella concatenazione degli eventi di cui è composta
ogni vita, quei brutti voti furono la sua chiave di volta, perché indussero lo zio tutore a fargli
prendere lezioni private; Successe che a sedici anni,il ragazzo si ruppe una gamba cadendo
dalla bicicletta e per qualche giorno non poté andare a scuola; fu proprio lo zio a chiedere
alll’insegnante che gli dava ripetizioni di procurare dei libri al nipote e di intrattenerlo
parlandogli delle sue letture. Fu così che Károly Hilbert, un professore di matematica, portò
il giovane ad apprezzare la poesia, e insieme alle equazioni finalmente risolte lesse in breve
anche i primi versi del suo allievo. L'amicizia fra i due durò tutta la vita.
1926 - 1930: I primi amori
In casa di Hilbert Miklós conobbe, nell’autunno del ‘26, un'esile bionda ragazzetta dagli
occhi azzurri, anche lei negata in matematica, Fanni Gyarmati; aveva appena compiuto
quattordici anni, tre meno di lui; era di famiglia cattolica, figlia di uno stenografo
parlamentare; cominciarono a parlarsi: lei era in perenne ribellione contro il padre
oppressivo, lui, orfano, poteva gestirsi liberamente la giornata; Miklós frequentava una
associazione letteraria giovanile; ci si iscrisse anche Fanni; presto lui avrebbe cominciato a
chiamarla Fifi e lei a chiamarlo Mik; nove anni dopo si sarebbero sposati.
Grosz, il tutore, lo aveva mandato a imparare a far di conto perché lo voleva presto al suo
fianco nella sua azienda di tessuti e invece, proprio grazie al professor Hilbert, finì col
ritrovarsi per nipote uno squinternato che pensava solo a scrivere versi; tuttavia non si
arrese: finite le commerciali, nell'autunno del '27 lo mandò a studiare per un anno all’estero
presso un istituto per l'industria tessile. Invece di studiare, il ragazzo passò il tempo
scrivendo poesie, facendo sport, escursioni con gli amici e il resto del tempo, di giorno e di
notte, con Klementine Tschiedel, una giovane dattilografa tedesca (la chiamerà Tini nei suoi
versi) per la quale aveva perso la testa, pur continuando la corrispondenza con Fanni.
Rimasero inediti i versi scritti per Tini, in fronte ai quali il poeta ha lasciato scritta nel suo
taccuino questa dedica: «Per Tini, cara, piccola ragazza tedesca, la mia prima donna, che
mai leggerà queste poesie e che mi sussurrava, anche nelle nostre notti più amare: "Die
Liebe kommt und geht” » (L'amore viene e va); pose queste parole di Tini a titolo di quel
ciclo di poesie.
Col ritorno a casa la storia con la tedeschina finì e riprese quella con Fanni. Tra il ‘28 e il
'30 visse a Budapest e poté frequentarla intensamente, nel tempo che gli lasciava il lavoro
come apprendista nell’azienda dello zio, e lo studio per conseguire anche il diploma di
maturità classica, che gli era necessario per potersi iscrivere alla facoltà di Lettere.
1929 - 1933: Gli anni dell'università
Alla fine del '29 riuscì a superare l'esame e, nonostante l'opposizione dello zio, fece
domanda per l'università di Budapest. Non vi fu ammesso in quanto ebreo, e dovette
frequentare quella di Szeged, a 170 chilometri dalla capitale.
Nel '30, a 21 anni, pubblicò il suo primo libro di poesie, Saluto pagano. Vi pose ad
epigrafe questa citazione: «Oú vas-tu, petit? / Vers l'oeuvre de douceur. / Il dit encore: non.
Puis à moi qui partais, il dit: quand beaucoup de jours se seront perdus, tu reviendras ici,
un jour» [Dove stai andando, piccino? Verso l'opera di dolcezza. / Lui disse ancora: No.
Poi, a me che partivo: quando molti giorni andranno perduti, tu ritornerai qui, un giorno].
Il poeta francese Jean-Luc Moreau sottolinea la contraddizione tra la citazione scelta e il
titolo e nota: «La citazione con la quale un giovane poeta apre la sua opera non può essere
casuale. Radnóti, che morrà "per non avere mai ucciso" si incammina, fin dai suoi primi
passi, "verso l'opera di dolcezza" con la fiducia di un figliol prodigo certo di ritornare un
giorno alla casa del padre. …Come ogni religione, il paganesimo spesso non è che
l'espressione di una nostalgia. La libertà, la gioia di vivere, l'innocenza, la comunione
spontanea con la natura non sono assenti dalle prime poesie di Radnóti. Ma è la donna
amata che li apporta al poeta, non è lui a possederli» e cita a riprova i versi di Già il sole
inrossa le bacche autunnali.
Fu in questa occasione che Miklós, che non voleva essere considerato un poeta ebreo ma
ungherese al cento per cento, usò per la prima volta il solo cognome Radnóti; i suoi primi
lavori, pubblicati in riviste giovanili e antologie, li aveva firmati prima col cognome ebreo
del padre, Glatter, aggiungendovi poi il magiaro Radnóti.
All'Università il poeta strinse una durevole amicizia con il professore di letteratura
ungherese Sandor Sìk, sacerdote scolopio e poeta. Fu lui a contribuire più di ogni altro alla
sua graduale conversione al cattolicesimo. Nel '31, mentre frequentava il secondo anno di
università pubblicò, a un anno dal primo, un secondo libro di versi, Canto dei nuovi pastori
31 poesie, di cui 19 scritte durante gli studi universitari. A pochi giorni dalla pubblicazione il
sequestro, per offese al senso del pudore e alla religione. Due le poesie incriminate: Ritratto
e Già il sole inrossa le bacche autunnali. I giudici le definirono “poesie immorali, volgari,
che offendono il buon gusto". Subì due processi e fu condannato, per la sola imputazione di
offese a una religione “non sua” - come venne sottolineato nella sentenza - a otto giorni di
prigione, pena sospesa in appello anche grazie a una lettera scritta per scagionarlo dal suo
amico e professore, padre Sik.
Durante le vacanze estive del '32 trascorse un mese a Parigi, ospite di un amico. Nel
diario, che continuò a tenere per quasi tutta la vita, annotò la sua meraviglia al vedere gli
innamorati passeggiare sottobraccio e scambiarsi dei baci sulla pubblica via.
Ancora ad un anno dal precedente, nel '33, uscì il suo terzo libro, Vento Convalescente
nel quale Radnóti volle tornare a pubblicare alcune delle poesie contenute in quello che gli
era stato sequestrato. Vento convalescente incappò in una stroncatura da parte dello
scrittore Mihály Babits, uno dei maggiori esponenti della corrente letteraria Nyugat
(Occidente); a Nyugat faceva capo l’autorevole rivista omonima, diretta dallo stesso Babits,
su cui Radnóti aveva cominciato a pubblicare i suoi versi solo due mesi prima. A caldo, nella
sua agenda, il poeta lo definì un attacco brutale; fu un brutto colpo che farà fatica a digerire,
tanto che a due mesi di distanza gli dedicò due poesie al vetriolo:
APRILE
Sulla triste coda imbandierata
della volpe l'uccello
vola e cinguetta
e i ricci e le pecore trottano
insieme ai lupi selvaggi
per vedere l'aurea criniera
come risplende
sulla testa della mia donna.
E ammirano i miei versi
rotolare lì
sulla cima del cielo;
l’uccello col becco spalancato
le volpi e i lupi
e le pecore: tutti restano
a bocca aperta.
Dedica
Oh, gente! Lasciate che la gola di Babits
sia soffocata come dal fumo
da questa canzone felice
e che l'uccello nascosto sull'albero
scarichi sulla sua testa.»
Non essendosi ancora sfogato abbastanza, rincarò la dose con questo epigramma:
«Il vecchio inghirlandato mi ha ferito, che la sua
ghirlanda sia di cipolla! e quando
pensa di sedersi su un morbido prato,
che il dorso del riccio
conceda la groppa al suo riposo.»
Tuttavia, forse anche grazie alla prudente decisione di lasciare questi versi nel cassetto, il
poeta si conquistò in breve la stima dell’illustre letterato, tanto che la rivista Nyugat
avrebbe pubblicato ancora spesso i suoi versi e, tre anni dopo, il suo quinto libro di poesie.
Quando nel '41 Babits morì, il poeta scrisse in suo onore la poesia Solo pelle e ossa e
dolore.
1934 - 1935: La laurea, il matrimonio, la precarietà
Nel '34 ottenne la laurea summa cum laude in Lettere. Il professore che lo aveva seguito
per la tesi era l'ormai amico padre Sik. Dopo la laurea il poeta continuò a studiare e
conseguì il dottorato in letteratura francese e ungherese. Si illudeva di poter arrivare ad
insegnare, ma non aveva fatto i conti con le sue origini ebree e con il contagio nazista, che
già stava cominciando ad infettare anche l'Ungheria.
Ai primi del '34, deciso il matrimonio per l’anno successivo, fece le pratiche per il cambio
ufficiale di cognome. Il ministero dell'Interno, invece di Radnóti, d’imperio lo chiamò
"Radnóczi"; lui si risentì, ma era pur sempre un cognome magiaro, e quello che lui voleva
era di essere considerato un poeta ungherese a tutti gli effetti; continuò comunque a
firmarsi così come aveva scelto, e Radnóti è rimasto, checché ne pensasse allora il ministero
dell'Interno. Quanto alla razza, il poeta si sarebbe espresso così otto anni dopo, in una
lettera all’editore ebreo Aladár Komlós: «Non ho mai negato le mie origini ebraiche, io
appartengo alla "confessione israelita" anche oggi (...) ma non mi sento un ebreo, non ho
ricevuto un'educazione religiosa, non ne ho bisogno e non la pratico. Ritengo la razza, il
sangue, le radici e "l'antica malinconia che tremola nei nervi" una sciocchezza totale e non
un elemento decisivo della mia identità intellettuale, spirituale e poetica. La mia ebraicità è
il mio "problema fondamentale" perché le circostanze hanno voluto così, come le leggi e il
mondo circostante. Questo è un problema mio malgrado. Sotto ogni altro profilo, io sono
un poeta ungherese» .
Riguardo a Luna nuova, il quarto libro pubblicato nel '35, c'è un aneddoto singolare: una
copia del libro fu stampata senza Poesia d'amore nel bosco, dedicata alla sua Fifi. Radnóti
donò questo esemplare "censurato" ai genitori di Fanni, che già erano contrari al
matrimonio, nel timore che l'erotismo di quei versi potesse scandalizzarli. Luna nuova
mostrò un poeta ormai maturo, con un suo proprio linguaggio in cui, da un punto di vista
esistenziale, prevaleva il tema della morte.
Il 23 luglio di quello stesso anno Miklós e Fanni si sposarono; il viaggio di nozze, sul lago
Balatón, fu breve. Lui si procurerà da vivere insegnando per un certo tempo ortografia nella
scuola del suocero in cui insegnava anche la moglie, ma soprattutto pubblicando articoli e,
oltre alle sue poesie, traduzioni da poeti stranieri, soprattutto tedeschi (Ivún Goll) e francesi
(Apollinaire, La Fontaine). Radnóti, che conosceva altre cinque lingue (latino, greco,
francese, inglese e tedesco), si sentì sempre chiamato a riscrivere nella propria, così lontana
dalle altre, versi stranieri di tutte le epoche, come opera necessaria per fare uscire
soprattutto i giovani ungheresi dall'isolamento culturale.
Edith Bruck, la scrittrice di origine ungherese che ha tradotto l'ultima scelta di poesie di
Radnóti pubblicata in Italia, Mi capirebbero anche le scimmie (Donelli ed.), per mostrare la
precarietà in cui visse la giovane coppia riporta, dal diario del poeta, un suo dialogo con
l'impiegata incaricata di pagargli due poesie pubblicate su una rivista:
«"Per questa, che è brevissima, possiamo pagare solo sei pengő"
"Perché - le chiedo stupefatto - si misura in centimetri?"
"Non se la prenda, ma non sono che sei righe! Si scrive presto, è un lavoretto, non come
questa, per esempio…" e mi mostra una poesia più lunga.
"Non vedo la differenza. Anche una poesia breve può essere frutto di tre settimane di
lavoro, anzi…"
"C'è differenza, c'è…."
"La prego, lasci dire a me, forse io me ne intendo di più!"
"Sì, ma dal punto di vista del giornale…"
"Mi dia ciò che vuole!"
"Allora, otto della settimana scorsa e sei per questa fanno quattordici" dice e scrive».
La Bruck aggiunge - per dare un'idea della cifra - che il poeta aveva venduto per 30 pengő
un suo vestito blu a doppio petto e due paia di scarpe della moglie, per poter acquistare i
Diari di Gide in lingua originale al costo di 28 pengő.
Radnóti stesso ricorderà di non essersi mai potuto permettere più di un mazzo di fiori, le
rare volte che andava al cimitero; così di uno ne faceva due, che andava a deporre sulle
tombe dei suoi genitori.
Miklós bambino
Ilona e Agnes
A scuola a 15 anni
A scuola a 16 anni
Fanni a 14 anni
A 18 anni
Fanni a 18 anni
Il cambio di cognome
Padre Sandor Sik
1889-1963
Il secondo libro
Il terzo libro
Quello di Babits fu
“un attacco brutale”
Il manoscritto
di Aprile
Mihály Babits
1883-1941
La rivista Nyugat
Con Fanni
La mostra del 2009
Il padre
La madre
1935. Il 4° libro
Fanni
Budapest anni ‘30
Caffè letterario
Ai tempi del
matrimonio
Per le vie di Pest
Insieme sugli sci
Il poeta seduto
su un morbido prato
seconda parte
Il primo libro