Bruno Tolentino: 12 novembre 1940 - 27 giugno 2007 di Chris Miller in: PN Review 180, vol. 34 n. 4, Marzo - Aprile 2008
The Brazilian poet Bruno Tolentino, who died last summer, was a personage far stranger than fiction. He won the Prêmio Revelação de autor  for his first book, Anulacão e outros reparos (1960). Moving to Europe to translate Ungaretti, he apparently worked as an interpreter for the then EEC before publishing the very fine French volume  (1971): it is a graceful meditation on phenomenology as He subsequently worked at BristolUniversity, teaching Portuguese, before moving to Oxford, where he published a striking but incompletely successful volume in English, About the Hunt (1978), under the imprint Oxford Poetry Now. When I met him in Oxford, he lived a life of Epicurean leisure and claimed acquaintance with the cream of Europe’s literary figures. How much of this was true, I never knew; most of it, I suspect. I know he was friends with Yves Bonnefoy and Eugénio de Andrade and knew Charles Tomlinson and Michael Hamburger. His then aisance was explained some years later when he was convicted of cocaine-smuggling. He partly served his sentence in Dartmoor and was deported to Brazil, where he published As Horas de Katerina  (Prêmio Jabuti, 1995) and A balada do cárcere (Prêmio Abgar Renault, 1997). He won a second Jabuti in 2003 for O mundo como ideía and a third posthumously in 2007 for A Imitação do Amanhecer. Short, slight and handsome in appearance, vain, garrulous, and charming in person, Bruno was a man of prodigious talents. Fluent in French, Spanish, Italian,  German and English, he could quote from these at the drop of a hat: Rilke, Machado, Montale, Calderón and Bonnefoy might be followed by Agrippa d’Aubigné or Luis de León. Bandeira, Drummond de Andrade, Cecilia Meireles and Adélia Prado were often on his tongue. When quoting Ungaretti (“Questi cretini Svedesi”, in relation to Quasimodo’s Nobel), he acquired Ungaretti’s features. His company was always disconcerting since he was a pathological liar. Nothing he said could be assumed to be true. He claimed descent from il condottiere Tolentino and did indeed strongly resemble the figure in the National Gallery’s section of the Battle of But he might equally produce bottles of Sainsbury’s Beaume de Venise, announcing airily: ‘From my college’. His charm and astonishment when his lies were questioned meant that incredulity generally went unspoken. I would define his belief-system as ‘cosmological hypochondria’: he combined a vestigial Catholicism with voodoo observances, astrology and almost any other available practice. Promiscuously bisexual, he entertained a coterie of bright young things from the University and a number of moronic hangers-on who seemed only there to allow him to continue talking. This he would do even after one had left the room, reeling one back into the room on interminable          For my undergraduate self, meeting this cosmopolitan figure felt like an amazing privilege.  After graduating, I would often turn up at the door of his Kingston Road house and join the talk that went on into the early hours. He was invariably flattering company,  assuming one’s acquaintance with world literature, interested in one’s opinion, and purveying fine wines Here was a notion of civilisation rather remote from my experience of Oxford classics and analytic philosophy. He broadened my horizons considerably and introduced me to many abiding literary influences. Later, having apparently fallen on harder times, he came to live in the house I was sharing on Walton Street, and was occasionally visited by mysterious persons bearing cash in brown-paper bags. He would rise at two in the afternoon and breakfast daily on roast rib of beef and tinned potatoes, sometimes wearing a white-paper voodoo hat for Even in this house-share context, his air of distinction (in which one was assumed to participate) was all-encompassing.           I had no contact with him after his deportation. The nature of the remunerative investments he had been offering was made clear by his conviction. He was by then a desperate man. But the advent of the Web meant that I could tune into his activities from time to time. He seemed true to form, inveighing against the cultural decline of Brazil and the fallible linguistic knowledge of his contemporaries. The Web also showed that he had ‘taught at Oxford University’; that About the Hunt had been published by OUP; that Dartmoor Prison was known in England as ‘Devil’s Island’; that he had been both ‘pardoned’ by the British government and ‘acknowledged to have been the victim of an injustice’ (see the  obituary in O Globo Online). His works and lies survive him. De mortuis nil nisi bonum. But that would hardly do justice to Bruno. It is not often that one meets a drug-smuggling poet of distinction. And Bruno was a poet of distinction, one of few twentieth-century poets to have accomplished the feat of writing well in more than one language. Flawed, infuriating, brilliant, he marked my life and I cherish his memory.
Il poeta brasiliano Bruno Tolentino, morto l'estate scorsa [giugno 2007], era un personaggio più straordinario di qualunque  fiction. Ha vinto il Premio Revelação de autor per il suo primo libro, Anulacão e outros reparos (1960). Trasferitosi in Europa per tradurre Ungaretti, a quanto pare ha lavorato come interprete per l'allora CEE, prima di pubblicare il bellissimo libro francese Le Vrai Le Vain (1971): si tratta di un’affascinante meditazione sulla fenomenologia come esperienza. Successivamente ha insegnato letteratura portoghese presso la Bristol University, prima di trasferirsi a Oxford, dove ha pubblicato un libro - notevole, ma non completamente riuscito - in inglese, About the Hunt (1978), stampato da Oxford Poetry Now. Quando l'ho incontrato a Oxford, conduceva una vita di stile epicureo e vantava la frequentazione della crema dei letterati europei. Quanto di questo fosse vero, non l’ho mai saputo; suppongo che in gran parte fosse vero. So che era amico di Yves Bonnefoy ed Eugenio de Andrade e conosceva Charles Tomlinson e Michael Hamburger. La sua disinvoltura è venuta alla luce alcuni anni più tardi, quando fu condannato per traffico di cocaina. Ha scontato in parte la sua pena nel Dartmoor e fu deportato in Brasile, dove ha pubblicato As Horas de Katerina (Premio Jabuti, 1995) e A balada do Carcere (Premio Abgar Renault, 1997). Ha vinto un secondo Jabuti nel 2003 per O mundo como ideia e un terzo postumo nel 2007 per A Imitação do Amanhecer Basso, magro e di bell’aspetto, vanesio, loquace, e affascinante di persona, Bruno era di un talento prodigioso.  Fluente in francese, spagnolo, italiano, tedesco e inglese, avrebbe potuto citare al volo a memoria da: Rilke, Machado, Montale, Calderón e Bonnefoy, magari seguitando con Agrippa d'Aubigné e Luis de León. Bandeira, Drummond de Andrade, Cecilia Meireles e Adélia Prado erano spesso sulla sua lingua. Quando citava Ungaretti (“Questi, cretini svedesi”, in relazione al Nobel a Quasimodo), assumeva il modo di leggere di Ungaretti. Stare insieme a lui era sempre sconcertante, in quanto era un bugiardo patologico. Non si poteva essere sicuri che fosse vero nulla di quanto diceva. Affermava di discendere dall condottiero [Niccolò da] Tolentino e effettivamente somigliava molto a un personaggio della Battaglia di San Romano alla National Gallery. Ma avrebbe potuto allo stesso modo  produrre bottiglie di Sainsbury’s Beaume de Venise, annunciando con disinvoltura: 'Dal mio college”. Il suo charme e la sua stupefazione quando le sue frottole erano messe in dubbio ha fatto sì che in genere l'incredulità non venisse considerata. Vorrei definire il suo sistema di credenze come 'ipocondria cosmologica': metteva insieme un cattolicesimo superficiale con osservanze vudu, l'astrologia e quasi ogni altra pratica disponibile. Promiscuamente bisessuale,  intratteneva relazioni con una consorteria di brillanti giovani universitari e una serie di parassiti idioti che sembravano star  lì solo per permettergli di parlare in continuazione. Lo avrebbe fatto anche dopo che uno avesse lasciato la stanza, irretendolo con frasi interminabili perché vi facesse ritorno. Per il mio stesso  college di studenti al primo anno, incontrare questa figura cosmopolita era visto come un privilegio prestigioso. Dopo la laurea avrei bussato spessso alla porta della sua casa di Kingston Road, per unirmi alla conversazione che si protraeva fino alle prime ore del mattino. Era una compagnia che sempre ti lusingava, dando per scontata la tua conoscenza della letteratura mondiale, interessandosi alla tua opinione e offrendo vini pregiati e droghe. Trovavo lì un modo di considerare la cultura piuttosto distante dalla mia esperienza dei classici di Oxford e della filosofia analitica. Ha notevolmente ampliato i miei orizzonti e mi aperto a molte, durevoli  influenze letterarie. Più tardi, essendo evidentemente inciampato  in tempi più difficili, è venuto a vivere nella casa che ho condiviso con lui a Walton Street, dove era di tanto in tanto visitato da misteriose personaggi che portavano soldi in pacchetti di carta marrone. Si alzava alle due del pomeriggio, faceva la  prima colazione con costolette di manzo arrosto e patate in scatola, a volte indossando un cappello di carta bianca vudu per tutto il giorno. Anche in questo contesto di condivisione della casa, il suo modo di distinguersi (al quale presumeva uno dovesse partecipare) è stato totalizzante.           Non ho avuto alcun contatto con lui dopo la sua espulsione. La natura dei remunerativi investimenti che gli avevano offerto è stato chiarita dalla sua condanna. Era ormai un uomo disperato. Ma l'avvento del web ha fatto sì che io abbia potuto aggiornarmi sulle sua attività di tanto in tanto. Sembrava legato alle forme, inveiva contro il declino culturale del Brasile e le errate conoscenze linguistiche dei suoi contemporanei. Il web ha fra l’altro pubblicato che aveva “insegnato all'Università di Oxford”; che About the Hunt era stato pubblicato da Oxford University Press; che il carcere di Dartmoor era conosciuto in Inghilterra come “Isola del Diavolo”; che era stato “graziato” dal governo britannico e che gli era stato “riconosciuto di essere stato vittima di una ingiustizia” (vedi necrologio in O Globo Online). Le sue opere e le sue menzogne gli sopravvivono.           De mortuis nil nisi bonum. Ma tutto ciò non rende giustizia a Bruno. Non capita spesso di incontrare uno straordinario trafficante di droga - poeta. E Bruno era un poeta straordinario, uno dei pochi poeti del ventesimo secolo ad aver realizzato l'impresa di scrivere bene in più di una lingua.  Corrotto, irritante, geniale, ha segnato la mia vita e ho cara la sua memoria.
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