CURRICULUM VITÆ
Che cosa volete che ne sappia
di curriculum il grullo del paese,
eppure presto o tardi gioverà
questo memorandum presentarlo,
per cui da quando fu portato all'essere
ogni giorno e con gran divertimento
Io mi prendo la briga di appuntare
tutto quanto poi gli varrà titolo
per essere assunto a pieno merito
nel numero - imponente, lo saprete -
dei miei dipendenti a tempo pieno.
Debbo ammettere che fin dalla nascita,
quando lo vidi stizzoso e petulante
stringere i pugni e protendere le labbra,
mi dissi: finalmente un caso facile.
Difatti la prima annotazione
mi trovai a farla - ricordo - quando ancora
non sapeva neanche pronunciare
quell'immensa gustosa paroletta
che fa rima con Io ma non è dio.
Era giunto il tempo di staccarlo
dalle mammelle vizze della madre.
In quella tormentosa lunga notte
ansante esausto di lacrime di strilli
lo contemplai col pollice alla bocca
provare invano e invano a soddisfarsi
e assaporare per la prima volta
l'abbandono l'odio la rivolta.
Occhi serrati, petto alle ginocchia,
mani e piedi contratti, anche le natiche,
la fronte raggrinzita di vecchietto
che oramai ne ha viste pure troppe,
si raggomitolava nello sforzo,
come pensasse, il grullo, di potere
reinfetarsi nell'utero di quella
- quella donna infida, quella strega -
e poi indietro da feto a embrione a blastula
e da blastula a morula a zigote
fino a spiantarsi dall'utero di lei
e i due gameti ritornare a scindersi
e rinnegata ogni chiamata all'essere
più non essere, non essere mai stato.
Nulla di nuovo, questo lo so bene:
troppi ne ho visti prendere la corsa
giù per la via spaziosa proprio qui.
A me pare evidente che l'odiato
dopo il tenerume dell'avvio
li metta alla prova un po' prestino,
segno questo, nevvero, di insipienza
ma non sarò Io certo a lamentarmene.
A tener duro senza rivoltarsi
me ne saran passati tra le mani
forse due o tre, non più, dal primo fiat.
Tutto sommato un bilancio positivo
anche se, imboccata l'autostrada,
può capitare purtroppo di lasciarla
riprenderla e lasciarla più e più volte,
persino proprio in vista della meta
e questo - converrete - non è giusto.
Quanto al grullo, quel che fin da allora
mi fece ben sperare fu il trasporto
con cui si lasciò andare alla rivolta,
connaturale al mio modo di sentire.
Certo quella notte poi passò
e così tante altre che seguirono,
ma nello scorrere a volo le mie note
debbo registrare con piacere,
per non dire con soddisfazione,
che il verme che lo rode è sempre lì,
ben annidato e vorace nonostante
ogni tentativo del nemico
di sedurlo asservirlo alle sue trame.
È un po' che gli ha fornito un'altra mamma
e il grullo - figurarsi - bambineggia,
ad ogni poco protende le labbrucce,
e quella - pure lei non è una cima -
sta al gioco e gli offre la mammella.
Il grullo inciampa, cade ad ogni passo,
si fa male da sé e poi dice bua
e lei subito a dirgli non è niente,
non ci badare, un bacio e passa subito.
Il grullo dice non lo faccio più
e quella tontolona gli sorride
come non sapesse che ogni giorno
il pupo si fa prendere dal verme.
Mi vien la nausea solo a ricontare
per quante volte la solfa si ripete:
ogni giorno settanta volte sette.
Si rinfila la candida veste
appena ripulita dalla donna
che lui si ostina a chiamare la sua mamma
ed eccolo già cade si lorda.
Io non faccio a tempo a compiacermene,
a soffiargli all'orecchio: tu sei mio,
sei troppo grullo non c'è niente da fare,
che quella di nuovo gli sorride
gli tende le braccia dice vieni.
Il grullo del villaggio rialza gli occhi
- piagnucolosi eccome, figurarsi -
e mentre stenta nel risollevarsi
lei è già lì che se lo tira in petto
e lo riempie di baci e di carezze
come fosse il migliore dei suoi figli.
Non che mi perda di coraggio:
più tempo, pazienza, vigilanza
richiede la cattura di una preda
e con più gusto poi la si fa a brani,
anche se c'eran tutte le premesse
per una caccia meno impegnativa.
Mah, con gente così non sai che fare.
Pierluigi Varvesi