CURRICULUM VITÆ
Che cosa volete che ne sappia di curriculum il grullo del paese, eppure presto o tardi gioverà questo memorandum presentarlo, per cui da quando fu portato all'essere ogni giorno e con gran divertimento Io mi prendo la briga di appuntare tutto quanto poi gli varrà titolo per essere assunto a pieno merito nel numero - imponente, lo saprete - dei miei dipendenti a tempo pieno. Debbo ammettere che fin dalla nascita, quando lo vidi stizzoso e petulante stringere i pugni e protendere le labbra, mi dissi: finalmente un caso facile. Difatti la prima annotazione mi trovai a farla - ricordo - quando ancora non sapeva neanche pronunciare quell'immensa gustosa paroletta che fa rima con Io ma non è dio. Era giunto il tempo di staccarlo dalle mammelle vizze della madre. In quella tormentosa lunga notte ansante esausto di lacrime di strilli lo contemplai col pollice alla bocca provare invano e invano a soddisfarsi e assaporare per la prima volta l'abbandono l'odio la rivolta. Occhi serrati, petto alle ginocchia, mani e piedi contratti, anche le natiche, la fronte raggrinzita di vecchietto che oramai ne ha viste pure troppe, si raggomitolava nello sforzo, come pensasse, il grullo, di potere reinfetarsi nell'utero di quella - quella donna infida, quella strega - e poi indietro da feto a embrione a blastula e da blastula a morula a zigote fino a spiantarsi dall'utero di lei e i due gameti ritornare a scindersi e rinnegata ogni chiamata all'essere più non essere, non essere mai stato. Nulla di nuovo, questo lo so bene: troppi ne ho visti prendere la corsa giù per la via spaziosa proprio qui. A me pare evidente che l'odiato dopo il tenerume dell'avvio li metta alla prova un po' prestino, segno questo, nevvero, di insipienza ma non sarò Io certo a lamentarmene. A tener duro senza rivoltarsi me ne saran passati tra le mani forse due o tre, non più, dal primo fiat. Tutto sommato un bilancio positivo anche se, imboccata l'autostrada, può capitare purtroppo di lasciarla riprenderla e lasciarla più e più volte, persino proprio in vista della meta e questo - converrete - non è giusto. Quanto al grullo, quel che fin da allora mi fece ben sperare fu il trasporto con cui si lasciò andare alla rivolta, connaturale al mio modo di sentire. Certo quella notte poi passò e così tante altre che seguirono, ma nello scorrere a volo le mie note debbo registrare con piacere, per non dire con soddisfazione, che il verme che lo rode è sempre lì, ben annidato e vorace nonostante ogni tentativo del nemico di sedurlo asservirlo alle sue trame. È un po' che gli ha fornito un'altra mamma e il grullo - figurarsi - bambineggia, ad ogni poco protende le labbrucce, e quella - pure lei non è una cima - sta al gioco e gli offre la mammella. Il grullo inciampa, cade ad ogni passo, si fa male da sé e poi dice bua e lei subito a dirgli non è niente, non ci badare, un bacio e passa subito. Il grullo dice non lo faccio più e quella tontolona gli sorride come non sapesse che ogni giorno il pupo si fa prendere dal verme. Mi vien la nausea solo a ricontare per quante volte la solfa si ripete: ogni giorno settanta volte sette. Si rinfila la candida veste appena ripulita dalla donna che lui si ostina a chiamare la sua mamma ed eccolo già cade si lorda. Io non faccio a tempo a compiacermene, a soffiargli all'orecchio: tu sei mio, sei troppo grullo non c'è niente da fare, che quella di nuovo gli sorride gli tende le braccia dice vieni. Il grullo del villaggio rialza gli occhi - piagnucolosi eccome, figurarsi - e mentre stenta nel risollevarsi lei è già lì che se lo tira in petto e lo riempie di baci e di carezze come fosse il migliore dei suoi figli. Non che mi perda di coraggio: più tempo, pazienza, vigilanza richiede la cattura di una preda e con più gusto poi la si fa a brani, anche se c'eran tutte le premesse per una caccia meno impegnativa. Mah, con gente così non sai che fare.   Pierluigi Varvesi
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