SALTO QUINTO
Ieri ho visto dei bambini che stavano con me. Stavano con me come da sempre allegri e trasparenti e con voglia di giocare. Cascatelle di risa occhi di luce e quelle braccia piccole braccia spalancate e sciocche, contente di toccarmi. Mi ha fatto bene giocare con loro. Anche stanotte ho visto dei bambini. Erano due quando sono passati, distesi nella culla metallica che scivolava rapida e zitta verso la grande parete. Erano due, uno grande e uno piccolo. Il grande avrà avuto cinquant'anni, il piccolo sette. Il grande ci stava comodo nella culla al piccolo sporgevano i piedi. Ora ricordo non era una culla. Era un piatto oblungo di bilancia di quelli per pesare i neonati e infatti il piccolo ci stava stretto. Il piatto entrò di misura nella bocca metallica della parete. L'ho visto salire rapido e zitto. Nel sogno ricordo pensavo non un rumore questa macchina è davvero un gioiello. Saliva a filo della parete e gli sporgevano i piedi le punte in giù con tutte le scarpe. In un modo o nell'altro quel piatto proseguì la salita rapido e zitto finché non l'ho più visto. Il piccolo non l'ho più visto né sentito del grande invece mi è giunto un urlo breve e ripetuto come bramito di cervo. Stamane al ricordo non ho chiesto perché anzi qualcuno mi ha fatto una domanda "Ma cosa aspetti? Non vedi? Non c'è tempo." Rapido e zitto mi sono messo a pregare. Roma, 19 novembre 1982         Pierluigi Varvesi
leggi/scrivi sul blog Pierluigi Varvesi