Un eco attraverso la pellerigonfia e tesa del mio ventrericordo ti mostrava pacificomuovere nel sonno una mano,accostarla alla bocca.Già più non ti basta pensaiil flusso che da ventre a ventretiepido dolce ti nutre,sangue dal sangue mio.- Io più non ti basto -avvertii come un brividoalla base del collocome di stupida angosciaper te verso l’incerta sorte,dolore, amore forse e poi la morte.Non fui io a partorirti fosti tuche ti divincolasti con violenzadalla mia strettae poi lanciasti un gridodi sorpresa di orrore di vittoria?e al primo respirare senza mescoppiasti in pianto.Ora sei qui che mi tormenti il senoti stringi ti avvinghi succhiandodell’ultimo latte mi prosciughi.Ancora non lo saima non è me che cerchiè la tua vita.Giorno dopo giornodovrò volere di nuovo partorirtidoglia dopo doglia nel doloree darti gambe per correre viae mente e cuore per saper osaree occhi attenti per guardarti intorno e saperci e vederci vivitu della vita tua, io della mia.Scandriglia, 26 marzo 2013Per Elisabetta AmbrosiPierluigi Varvesi